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Basilea 3, si torna agli anni 80

di Morya Longo

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2 marzo 2010

Sarebbe come tornare al televisore in bianco e nero o sostituire i computer con le vecchie macchine da scrivere. I nuovi accordi di Basilea 3, attualmente allo studio, rischiano di far tornare le banche italiane indietro nel tempo: praticamente ai tempi della vecchia Basilea 1, cioè al 1988. Secondo le prime stime effettuate da Deloitte per il «Sole-24 Ore», Basilea 3 comporterà infatti per gli istituti di credito italiani un notevole aggravio in termini di capitale. Le nuove proposte potrebbero causare un aumento degli attivi bancari ponderati per i «rischi di mercato» tra il 30% e il 60%, mentre sui «rischi di controparte» si potrebbe assistere a un quasi raddoppio: questo forzerà le banche ad aumentare il capitale e, di conseguenza, a rendere più onerosa la strutturazione dei crediti. Insomma: la "stretta" che gli organismi internazionali stanno studiando sulle banche del mondo intero, rischia di essere così "stretta" che alla fine ad essere "strozzato" sarà il credito a imprese e famiglie.


Il tema è iper-tecnico, ma alla fine coinvolge tutti. Gli accordi di Basilea sono quelli che – da anni – stabiliscono quanto capitale ogni banca debba avere per far fronte ai rischi delle sue attività. L'idea di base è che ogni attività (dall'erogazione di crediti al trading su azioni) comporta dei rischi: a fronte di questi, quindi, il Comitato di Basilea obbliga le banche a mettere da parte del capitale. I problema è: quanto ne serve per rendere le banche solide, ma non imbrigliate da troppi vincoli? Basilea 1, cioè la prima versione degli accordi, tagliava la testa al toro applicando un metodo totalmente standard. Ma questo metodo non era efficiente. Per un motivo banale: prestare soldi a un'impresa solida non è rischioso come prestarli a una sull'orlo del fallimento. Per questo gli accordi di Basilea sono stati modificati. L'idea di Basilea 2 è di ottimizzare il capitale delle banche in modo che i singoli istituti, usando anche sistemi di rating avanzati, potessero valutare meglio i rischi di ogni attività.

Questo metodo ha mediamente ridotto la quantità di capitale necessario. Secondo Deloitte per la misurazione dei «rischi di mercato» (quelli da trading) il passaggio da Basilea 1 a Basilea 2 ha comportato un calo degli attivi, ponderati per i rischi stessi, tra il 40% e il 75%. Stesso discorso per i «rischi di controparte», che da Basilea 1 a 2 hanno ridotto gli attivi ponderati fino al 50%. Morale: Basilea 2 ha diminuito la quantità di capitale necessario (mediamente del 7,1% per le banche che hanno usato le versioni più avanzate) e, di conseguenza, ha reso possibile l'espansione del credito.

Poi è arrivata la crisi, che ha messo in evidenza tutte le lacune di rating e gestione dei rischi. E di Basilea 2. Così è ora allo studio una salutare stretta. Il rischio, temono però in tanti, è di arrivare all'eccesso opposto. In Italia – stima Deloitte – gli attivi ponderati per i rischi di mercato e di controparte potrebbero tornare ai livelli di Basilea 1. E questo eliminerà quasi tutti i vantaggi in termini di capitale. La Banca d'Italia ha appena avviato uno studio per valutare l'impatto delle nuove proposte. «Ma se le nostre stime fossero confermate – osserva Paolo Gianturco, partner di Deloitte – potrebbe essere necessario ricalibrarne alcuni elementi, in modo da perseguire sia l'obiettivo di stabilità dei mercati finanziari sia quello di garantire la crescita incentivando le banche virtuose».

2 marzo 2010
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